Verona città d'arte

Verona è una delle città d'arte più importanti d'Italia. Ogni anno centinaia di migliaia di turisti provenienti da tutto il mondo visitano Verona rimanendo ammirati dalla bellezza del suo centro storico. L'Arena e la casa di Giulietta sono le attrattive più conosciute ma ogni vicolo e ogni piazza di Verona ha una storia affascinate che ha le sue origini in epoche lontane.

I principali monumenti di Verona

Castelvecchio: nel cuore di Verona, a pochi passi da Piazza delle Erbe e dall'Arena, in una suggestiva posizione su un'ansa dell'Adige, Cangrande II della Scala fece erigere la sua dimora e una rocca a presidio del ponte e della strada per il Nord. Il castello scaligero ospita oggi il Museo d'arte antica e moderna, che conserva capolavori del gotico internazionale e del rinascimento, tra cui opere di Pisanello, Lippi, Bellini, Paolo Veronese, Tintoretto. Il complesso di Castelvecchio è un'imponente e articolata costruzione in cotto eretta da Cangrande II della Scala nel 1354 sulla prima ansa dell'Adige (già sito di un fortilizio romano) come castello "contro" la città e presidio del ponte che consentiva il collegamento con la strada del Tirolo.

Raccordato alla Cittadella da Gian Galeazzo Visconti mediante un passaggio coperto sulle mura, mantenne anche in seguito il carattere di rocca destinata al controllo militare di Verona. Il sistema si compone di due nuclei, divisi dal ponte merlato: quello di sinistra (ovest), con l'antica reggia, che fu residenza di Cangrande II dopo l'abbandono delle dimore tradizionali in piazza dei Signori (oggi Circolo Ufficiali), ha forma trapezoidale con due cortili, una doppia cerchia di mura e due ponti levatoi; quello di destra, fino al secolo XIX aperto sul fiume e destinato in origine alle truppe mercenarie, è a pianta rettangolare, delimitato da una semplice cortina merlata difesa da torri angolari, e racchiude il cortile maggiore. Tra l'una parte e l'altra corre un tratto di mura dell'epoca comunale, inglobate nella struttura scaligera; vi si apre la porta del Morbio, che nel secolo XII collegava la città con la via per San Zeno. Trasformato una prima volta dai francesi, che ne smantellarono i merli e la sommità delle torri ed eressero poi nuove fabbriche a difesa dalle truppe austriache che occupavano l'Oltradige, divenne in seguito caserma austriaca e quindi italiana. Nel 1923-26 subì un radicale restauro diretto da Ferdinando Forlati e Antonio Avena, che convertirono il complesso a sede del Museo civico. Nel 1943 vi si tenne l'assemblea che diede vita all'effimera Repubblica di Salò e nell'anno successivo vi fu celebrato il processo che condannò a morte Galeazzo Ciano e i gerarchi del Gran Consiglio. Danneggiato da bombardamento, il Castelvecchio venne restaurato nel 1947. Infine, fu sistemato a pinacoteca con una seconda ristrutturazione, progettata da Carlo Scarpa e, per l'allestimento, da Licisco Magagnato (1957-1964) secondo un preciso spirito storicistico, progressivamente maturato nel cantiere, che sfrutta gli stacchi e le distinzioni epocali al fine di ricomporre un'armonia strutturale unitaria. Si entra nel vasto cortile, già piazza d'armi, adorno di aiuole e vasche decorative; di fronte e a destra si sviluppa l'ala napoleonica, poi caserma austriaca, nella quale il restauro del 1923-26 ha inserito elementi architettonici provenienti da edifici demoliti alla fine dell'Ottocento per l'inalveazione dell'Adige. Un passaggio lastricato conduce all'ingresso del Civico Museo d'Arte di Verona, che ospita pregevoli dipinti di scuola veronese dei secoli XIV-XVIII e di altre scuole italiane e straniere, oreficeria altomedievale, miniature, stoffe e armi.


Basilica di San Zeno Maggiore a Verona: all'interno delle mura scaligere, ma anticamente fuoriporta, nell'omonimo borgo, si trova una delle più belle testimonianze dell'architettura romanica del Nord Italia. L'odierna basilica sorge sui resti di due precedenti chiese, rispettivamente del V e del IX secolo, ed è accompagnata da un campanile romanico del XII secolo e dalla torre dell'antica abbazia citata da Dante nel Purgatorio. Al suo interno si trovano diverse pregevoli opere pittoriche, tra cui la pala del Mantegna, opera fondamentale del Rinascimento italiano. Questa la descrizione che ne dà la Guida Rossa Veneto del Touring Club Italiano.

La basilica di San Zeno Maggiore fu fondata (o rifondata) nel secolo IX con lo scomparso monastero benedettino dall'arcidiacono Pacifico, cui spetterebbe la responsabilità urbanistica ed edilizia del complesso, nucleo generatore dell'omonimo borgo extra moenia. Rovinata con il terremoto del 1117, la chiesa fu riedificata tra il 1120 e il 1138, prolungata e sopraelevata a partire dalla seconda metà del secolo XII; l'abside maggiore fu rifatta nel 1386-1398 da Giovanni e Niccolò da Ferrara.
La facciata a salienti, che dichiara l'impianto a tre navate con il sistema dei contrafforti esterni rispondenti ai pilastri a fascio dell'interno, è in tufo (salvo il frontone), scandita da sottili lesene e coronata da leggere archeggiature sormontate da un fregio scolpito; l'attraversa un'esile galleria di bifore in marmo rosso, in parte cieche (sopra la seconda dell'ala destra, bassorilievo con l'Abate Gerardo che offre a Cristo e alla Vergine il modello della chiesa, del principio del secolo XIII). Al centro si apre la Ruota della fortuna, grande rosone scolpito da Brioloto agli inizi del secolo XIII; sul frontone triangolare in marmo bianco a liste di rosso veronese, di cui la centrale aggiunta nel 1870 circa, è inciso un Giudizio Universale, notevole opera della fine del secolo XIII, poco visibile dopo la caduta della coloritura.
Il portale, opera di Nicolò e bottega, è databile intorno al 1138, come si deduce dall'iscrizione infissa sulla parte sud della basilica, ed è stato di recente sottoposto a restauro che ha recuperato la ricca policromia e doratura. La semplice porta modanata si inserisce nel protiro a un ordine (alterato dal rimaneggiamento della facciata operato da Brioloto), sostenuto da due leoni stilofori; l'estradosso dell'arco, decorato da animali e rosoni, si conclude nei due telamoni sovrastati dal Battista (a destra) e da San Giovanni Evangelista (a sinistra), che creano una cesura nella serie dei Mesi scolpita, entro archetti, negli architravi laterali. Nella lunetta, San Zeno benedicente consegna i vessilli del Comune ai fanti e ai cavalieri; alla base, entro otto arcatelle, due miracoli del santo: Liberazione dal diavolo della figlia di Gallieno e Salvataggio del carrettiere caduto nell'Adige. Nel frontone, la Mano di Dio benedicente sovrasta l'Agnello mistico.
I rilievi laterali, improntati a un accentuato classicismo, denotano un'evidente operazione di riassemblaggio di materiali lapidei d'eterogenea destinazione; si dispongono entro fasce binate concluse da archetti e frontoni tra telamoni.
La porta è composta da due battenti lignei decorati ciascuno da ventiquattro formelle bronzee rettangolari, a lastre separate entro cornici traforate e bombate, fissate agli incroci per mezzo di mascheroni. Rappresentano venti storie del Nuovo e ventuno dell'Antico Testamento, quattro storie della vita di San Zeno, San Michele e due protomi destinate a reggere le maniglie; sette colonne a traforo sono disposte lungo lo stipite esterno e diciassette piccole formelle con fondo traforato, raffiguranti Re incoronati, sono disposte lungo lo stipite interno del battente di sinistra, mentre sette formelle rettangolari con santi e lo scultore si dispongono lungo lo stipite interno del battente di destra. Le formelle sono fissate mediante chiodature di vario tipo ai supporti lignei, pervenutici nelle misure originarie e dunque connessi all'ampliamento del portale. Tuttora aperta è la discussione critica sulla distinzione dei vari maestri delle formelle, sulla datazione di queste e sull'assetto generale della porta. Ora ritenute di provenienza germanica, avvicinate ai manufatti bronzei dell'area sassone, ora considerate prodotto della metallurgia autoctona per affinità stilistica con la figuretta bronzea firmata Stefanus Lagerinus, le formelle della Prima Officina, databili ai primi del secolo XII e caratterizzate da una decisa e sintetica espressività plastica e spaziale, ricoprono l'anta sinistra e la parte inferiore di quella destra. Le formelle della Seconda Officina, quasi concordemente riferite alla fine del secolo XII - inizi del XIII, o recentemente anticipate al 1138 circa (coeve, cioè, alla realizzazione del protiro), si dispongono sull'anta destra (tranne l'Entrata in Gerusalemme).
Un ricercato calligrafismo, attinto alle preziosità linearistiche dei codici miniati, connota il linguaggio del Maestro delle Storie dell'Antico Testamento, da cui si discosta il Maestro delle Storie di San Zeno, che ridimensiona la scarna essenzialità della Prima Officina con l'articolata e complessa lezione di Nicolò. Il fianco sud della chiesa è a conci di tufo e mattoni inquadrati da pilastri di pietra, salvo la prima campata in tufo e l'ultima in cotto nella parte inferiore (forse della costruzione precedente). L'abside poligonale, slanciata e aperta da sottili monofore, è di forme gotiche. Il poderoso campanile, ricostruito nel 1120 e sopraelevato nel 1178, è a filari alterni di tufo e cotto, diviso in piani da archetti pensili e coronato da un doppio ordine di trifore sormontate da una cuspide conica con quattro pinnacoli angolari. Tra il campanile e il fianco della basilica è una tomba romana sotterranea, ritenuta popolarmente di re Pipino. Si scende nel grandioso interno a croce latina per una gradinata che domina la navata maggiore, divisa dalle due laterali mediante pilastri cruciformi e colonne monolitiche con capitelli a motivi zoomorfi e altri corinzi, provenienti da edifici romani; il soffitto ligneo carenato è del 1386.
In fondo, tra le scalinate che dalle navate minori salgono al presbiterio; concluso dall'altissima abside gotica, si apre l'ampia imboccatura della profonda cripta. Una larga scalinata scende alla cripta, del secolo XIII, aperta sul davanti da sette arcate (nelle ghiere, motivi barbarici, in parte di Adamino da San Giorgio, in parte di lapicida contemporaneo) su colonne con capitelli e archivolti scolpiti della prima metà del secolo XII (il secondo capitello a sinistra è opera più raffinata dello stesso Adamino, 1225 ca.). L'ambiente è sorretto da una selva di colonne di marmo antiche di varia provenienza e da grandi pilastri, affrescati, come le pareti, nel secolo XIII-XIV. Una cancellata quattrocentesca a maglie di ferro chiude l'abside, con volte a vela, sistemata nel secolo XV. L'altare-sarcofago, monolite di broccatello, racchiude le spoglie di San Zeno. Ritornati in chiesa, dalla navata sinistra si esce nel chiostro romanico (restaurato nel 1984), accessibile anche dall'esterno per un atrio del secolo XII. Il resto del complesso abbaziale è databile probabilmente agli anni 1296-1313 per l'uso dell'arco acuto sui lati est e ovest (gli altri due sono a tutto sesto) e per i capitelli a foglie uncinate delle colonnine binate in marmo rosso di Verona; forse di poco posteriore è il recinto del lavatoio sporgente dal lato nord. Sotto il portico, varie tombe, tra cui, a est, il sepolcro di Giuseppe della Scala, abate di San Zeno (1292-1313) che fu oggetto di un'invettiva di Dante (Purgatorio, XVIII, 124-126): nella lunetta, importante affresco raffigurante Madonna col Bambino tra i Santi Zeno e Benedetto, di pittore giottesco.


L'Arena di Verona: anfiteatro romano costruito nella prima metà del I secolo fuori le mura, era strettamente collegata all'impianto urbano (come sta a indicare l'orientamento dei suoi assi coincidente con quello del reticolo stradale) sia per ragioni urbanistiche, sia per consentire un raccordo funzionale del sistema di drenaggio con quello cittadino.
Arena di Verona Dopo il Colosseo di Roma e l'anfiteatro di Capua è, per dimensioni, il maggior monumento del genere giunto fino a noi. Dell'anello esterno, alto circa 30 metri e costruito in opera quadrata di calcare della Valpolicella, resta la cosiddetta "ala", quattro arcate a tre ordini decorate da lesene e cornici di stile tuscanico, sopravvissuta al terremoto del 1183. Si conserva invece intera la seconda cinta a due ordini di 72 arcate (due delle quali rifatte nel 1580), pure in blocchi di pietra bianca a secco che legano le volte in calcestruzzo e le muraglie di sassi e mattoni. Dal 1913 vi ha luogo in luglio e agosto la stagione lirica, manifestazione di risonanza internazionale per la grandiosità degli allestimenti e l'accuratezza delle esecuzioni, favorita dall'ottima acustica dell'anfiteatro.
L'interno, di forma ellittica, è di notevole effetto per la severità delle strutture e l'ampiezza delle dimensioni. Dalla platea s'innalza la cavea, che si regge su un complesso sistema di concamerazioni radiali e di gallerie anulari in grandezza scalare. I 44 gradini, già ampiamente rinnovati nei secoli XV-XVI, sono di restauro moderno. Sono accessibili da 64 vomitoria disposti su quattro piani tramite una serie di scale radiali incrociate. Infatti la cavea era divisa originariamente in quattro zone concentriche, separate da precinzioni più larghe. La prima era detta podio e comprendeva cinque gradini inferiori, nei quali, alle estremità dell'asse minore della platea, si trovavano i posti d'onore. Seguivano i tre mediani rispettivamente di 14, 14 e 7 gradini. Al sommo della gradinata correva una loggia in corrispondenza del terzo ordine di archi della cerchia esterna. Le logge agli estremi dell'asse maggiore sono del 1628. Sotto la gradinata girano le gallerie che collegano tra loro i vomitoria; sono rimaste tracce delle condutture per mezzo delle quali si introduceva acqua per le naumachie e per la pulizia dell'edificio. Dietro l'Arena, nella piazza Mura Gallieno, è visibile, incorporato nelle case un tratto di mura romane, appartenente alla cinta ampliata sotto l'imperatore Gallieno per includere appunto l'Arena. L'Arena è senza dubbio il monumento più famoso di Verona.
L'anfiteatro romano – uno dei piu grandi e nel miglior stato di conservazione è famoso nel mondo anche per gli spettacoli che ospita al suo interno. Nella stagione estiva vi si rappresentano numerose opere classiche in una cornice assolutamente unica e affascinante. In Arena si sono esibiti anche i migliori musicisti jazz, rock e pop della scena internazionale. L'Arena è stata anche utilizzata per spettacoli canori televisivi di scarso spessore ma attualmente se ne fa un uso assai più attento, riservando la programmazione quasi esclusivamente all'opera lirica.


Piazza Bra, il cuore di Verona: nel Cinquecento piazza Brà (si dice derivi dal tedesco Breit, che significa "slargo") diventò il luogo di ritrovo dei veronesi, che prima le avevano preferito piazza delle Erbe e piazza dei Signori: fu allora, infatti che il grande invaso fu oggetto di interventi per il recupero dell'Arena e sul lato nord-ovest vennero edificati alcuni palazzi nobiliari, tra cui lo spendido palazzo Honorij, opera del Sanmicheli.
Il grandioso anfiteatro, è il terzo per dimensioni tra quelli che si sono conservati fino ai giorni nostri

Giulietta e Romeo: si pronuncia il nome di Verona e subito la mente e il cuore vanno sotto il balcone di Giulietta, che con Romeo forma l'immagine degli innamorati, fin da quando il genio di Shakespeare ambientò nella cittadina veneta le drammatiche vicende della rivalità tra Montecchi e Capuleti.
Romeo e Giulietta è infatti una tragedia di William Shakespeare tra le più famose e rappresentate, e una delle storie d'amore più popolari di ogni tempo e luogo. La visita alla casa di Giulietta è senz'altro tappa obbligata per chi si reca a Verona: migliaia di persone da tutto il mondo ogni anno visitano la casa di Giulietta e si fanno ritrarre accanto alla statua in bronzo che la rappresenta.

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